Molte delle mie idee nascono dalle riflessioni sulla società contemporanea e dalla lettura di saggi, racconti e libri di antropologi, letterati e sociologi.
Quali sono le caratteristiche della società che viviamo? Con che mezzi abbiamo a che fare e che prospettive ci danno? Come percepiamo tempo e spazio oggi?
Tutte domande che l’arte contemporanea esterna in maniera evidente attraverso le sue molteplici forme.
Gli artisti per eccellenza sono dotati di una spiccata sensibilità che permette loro di vedere cose che molti non colgono, di sentire gli effetti del tempo, di afferrare e assorbire il disagio profondo all’interno dei luoghi che abitano, comunicandolo attraverso i mezzi di cui dispongono. E alcuni di questi cercano risposte e corrispondenze con il pensiero di chi ha percezioni simili e punti di vista su cui riflettere.
Ci si sente sulla stessa lunghezza d’onda!
Questa realtà che ci circonda ci viene descritta da tanti studiosi così sfuggevole e poco concreta, così veloce e mai fissa, così precaria nelle sue istituzioni e regole, così leggera e volatile nei suoi ideali…
Tutto ciò avrà chiari riflessi nelle espressioni di tutti questi artisti, non credete?
Ma oggi vi vorrei proporre un libro molto interessante di Alessandro Baricco, I Barbari.
Mi ha molto colpito per la schiettezza e le grandi verità propinate.
Sono convinta che interessi ai giovani e non solo, a tutti coloro che sono abituati a porsi domande.
Tratto dai “Barbari” di Alessandro Baricco
(da Luca Bressan, “L’avvento della rete, riflessi antropologici sull’identità umana.”)
Costruzione di un ritratto dei giovani che abitano la cultura digitale, i cosiddetti BARBARI.
Sono NOMADI.
Abitano più spazi sociali nel medesimo istante e saltano dall’uno all’altro ad una velocità sorprendente, nella ricerca frenetica e qualche volta disperata di perdere il meno possibile delle esperienze a loro disposizione.
Fanno più cose insieme.
Chattano, guardano video, ascoltano musica, studiano e lavorano contemporaneamente.
Capacità di concentrazione su una sola attività fortemente ridotta.
Tutto ciò rende la loro storia mai lineare e piana. Il loro tempo è un susseguirsi di picchi emotivi, di esperienze forti che li segnano, ma che faticano ad essere collegate tra di loro e che difficilmente trovano il tempo di essere rielaborate a dovere.
I nomadi sono prigionieri del loro presente che assume caratteri di perennità, ripetitività e mutevolezza.
Un attimo decide la loro vita. Non c’è memoria che tenga, nè futuro che motivi la resistenza.
Sono COSTRUITI.
Abituati a poter gestire a piacimento i tratti fondamentali della loro identità, pronti a saltare da uno spazio ad un altro, i giovani imparano che il codice narrativo da assumere è quello scenico.
Si diventa attori anche senza sceglierlo. La vita prende senso e forma soltanto quando viene percepita come un copione in cui ognuno ha il suo ruolo e di cui ogni singolo individuo è l’assoluto protagonista.
Il narcisismo diventa tratto che descrive l’identità di chi respira questa cultura: un narcisismo non scelto, ma obbligato. Il cui fine è far percepire l’identità individuale attraverso le emozioni che la rappresentazione delle proprie azioni è in grado di creare.
Siamo in un’epoca di gratificazione istantanea! Il principio fondamentale è la realizzazione del proprio Io.
I diritti vengono prima delle responsabilità e la libertà prima di qualsiasi altro vincolo fraterno.
Il giovane che si serve di avatar virtuali negli spazi mediatici che abita impara tecniche di sdoppiamento e di moltiplicazione del proprio io.
Un’esperienza che porta a due conseguenze: la convinzione che non esista situazione o relazione dentro alla quale un individuo possa svelarsi per quello che è e giocarsi in modo totale, e la dipendenza da un simile modo costruito di presentare la propria identità.
Per i giovani di oggi è veramente difficile mostrarsi per quello che sono. La conoscenza del proprio io non riesce ad essere autonoma, ma ha bisogno di continue mediazioni e di contesti scenici.
Sono ORIZZONTALI.
Se la regola è il movimento e il continuo cambiamento di spazi,tempi e relazioni, il rimedio ad una solitudine insopportabile è la dinamica fusionale che il mondo digitale permette.
Io sono amico di coloro che condividono le mie emozioni, i miei interessi, i gusti e le battaglie del momento.
Nascono così i gruppi, le forme di ritrovo e le nuove parentele grazie ai social network.
Non importa la durata e l’esclusività di queste forme sociali di relazione.
Queste nuove forme di soggettività collettiva, sempre a bassa intensità e a tempo determinato, si reggono su due elementi chiave: l’orizzontalità e l’identicità.
Orizzontali perché costituite di pari, composte di membri che non strutturano tra di loro dinamiche di gerarchizzazione.
All’interno di esse non c’è tradizione. Non ci sono padri che hanno il compito di consegnare un passato in grado di sostenere l’identità presente.
E proprio perché sono composte di pari, esse si reggono sul principio di identicità. Funzionano finchè io mi posso specchiare in loro, nel gruppo dei pari, ritenuti simili, identici a me.
La dinamicità fusionale non lascia spazio ad alcuna differenza. E’nel momento in cui si strutturano le differenze che il gruppo si scioglie irreversibilmente.
Sono TRAGICI perchè FRAGILI.
Le strategie descritte sono assunte dai giovani per necessità e per costrizione culturale.
Servono a loro per coprire il senso di insicurezza e di solitudine che provano di fronte alle sfide della vita.
I giovani vivono schiacciati in un eterno presente che li esorcizza da un futuro che li rigetta e li costringe a forme di dimora provvisoria.
Un simile tratto di fragilità tragica segna le figure dei giovani: si assiste a molte forme di titubanza,
per esempio la fatica a fidarsi,
la chiusura,
l’assunzione di posizioni all’estremo,
le fatiche della costanza e della profondità nella costruzione della propria identità personale,
la mancanza di determinazione nel vivere cammini formativi che implicano come elementi la durata, il sacrificio e non retrocedere rispetto a passi e tappe educative acquisite.
E’ difficile non lasciarsi trascinare nel vortice, convenite?
Oggi è necessario utilizzare i social e il virtuale sia per intrattenere relazioni che per lavoro.
Questa cultura ci impone di avere a che fare in un modo o nell’altro con tutto questo!
Non ci si può chiudere nè tanto meno escludersi a priori per principi etici.
La cosa più importante come in tutte le esperienze è lo sguardo. L’occhio attento e capace di critica.
Vivere con la giusta consapevolezza senza farsi travolgere e dominare, con la segreta fierezza di considerarsi sempre e comunque una voce fuori coro!
Una barbara consapevole.
Stay tuned. 🙂
Devi essere connesso per inviare un commento.