“Sotto quegli alberi capii una cosa straordinaria… straordinaria perchè così semplice… capii che ogni persona è una storia in cerca di condivisione. D’ora innanzi, sarò un essere umano alla ricerca di condivisione di qualità.”
Cit. anonimo
Che cosa significa RACCONTARE?
L’azione del raccontare è riconsiderare ciò che si vive per appropriarsene, è un ritornare sulle tracce rimosse che invadono il presente per illuminarlo nuovamente. Il racconto prevede che ci sia un interlocutore e un destinatario. L’esperienza si compie attraverso la mediazione di chi ascolta.
Questa è la definizione che si trova su tutti i dizionari.
Ma oggi come stanno le cose?
Raccontarsi all’esterno è difficile perché le esperienze si sono frantumate. Non si è più in grado di raccontarsi in maniera coerente e continuativa. Le esperienze appaiono sempre scollegate l’una dall’altra, come se non ci fosse nesso logico che leghi gli episodi.
I ricordi sono molti…con i social network è possibile scorrere la propria vita e riaccedere con facilità ai frammenti di anni passati che ci sembrano paradossalmente sempre recenti.
Siamo invasi da un caos di immagini che raccogliamo in infinite cartelle, in innumerevoli chiavette usb che a volte ci dimentichiamo di avere.
I nostri ricordi sono diventati sempre più immateriali e leggeri; non abbiamo più la possibilità di rielaborarli tenendo in mano una vecchia fotografia sbiadita e sgualcita, oppure sfogliando un album cartaceo.
Ma i ricordi sono sempre lì che aspettano una riqualificazione e un posto per riesistere.
Allora si sente il bisogno di selezionare tra i ricordi che ci sommergono, di ridargli valore con il gesto di renderli il più possibile palpabili e fisici.
“Una fotografia, dopo tutto, è solo una fotografia, ma un dipinto o un disegno sono di più. Ogni pennellata o tratto è testimonianza del tentativo di voler domare il tempo fuggente, di eternizzare i momenti…rende possibile il lutto.”
Christian Boltanski
Oggi i ricordi per essere rielaborati vanno selezionati con attenzione e condivisi con qualcuno che ascolti.
Il destinatario che ascolta è l’unico che può aiutare a mettere insieme i pezzi di cui siamo composti.
C’è tanta crisi dell’ascolto al giorno d’oggi, perchè è già un impegno insormontabile ascoltare se stessi. Circolano come un virus letale individualismo, competizione ed egoismo.
L’installazione Storie condivise si pone come un’apertura a questo comune percepire, è interattiva e per essere completa ha bisogno del suo pubblico. Storie condivise è una richiesta di puro ascolto, cerca ardentemente un testimone sconosciuto al quale rivolgersi.
“La cosa più importante nella vita è disporre di un interlocutore. Si vive per raccontarlo, in funzione di un destinatario. E’ come se raccontare sia portare a compimento la vita. Non raccontarla può apparire come una deficienza dell’esserci, una lacuna. C’è da chiedersi se la vita non sia un insieme di storie in cerca di un destinatario attivo.(…) La storia non raccontata tende all’immobilità. Gioiosa e disperata che sia, è una storia che resta sempre uguale a se stessa: non esponendosi si sottrae all’elaborazione.”
Paolo Jedlowski
Opera vincitrice del concorso No Title Gallery 2016, Milano / Winning work of the contest No Title Gallery 2016, Milan