Sulla rivista Arte di questo mese nella sezione I LIBRI curata da Cara Ronza, appare una recensione molto interessante. Louise Bourgeois : the Spider and the Tapestries.
Louise Bourgeois è un’altra artista parigina di qualche generazione precedente a quella di Sophie Calle.
Come ci viene sottolineato nel commento, più che un libro sembra più un album di ricordi, una raccolta di fotografie e documenti per raccontare da che contesti e situazioni hanno avuto origine le sue sculture.
Ricordo un pomeriggio d’estate all’Accademia di Brera, aula 10, caldo soffocante e la rassegna di Arte e cinema con i documentari di artisti… l’uno in fila all’altro… ricordo di aver dedicato tutta la mia completa attenzione alla bellissima intervista di Louise, realizzata poco prima che morisse.
Lì, per la prima volta, sono venuta a conoscenza delle opere della Bourgeois rimanendone fortemente colpita e emozionata per le tracce intime del suo quotidiano che invadono la sua arte rendendola assolutamente autentica e personale.
Per esempio la sua passione del cucire che emerge dominante nei suoi lavori era un’ attività che affondava le radici nella sua infanzia quando, da bambina agiata, osservava le donne di casa rammendare e restaurare preziosi arazzi che suo padre vendeva in seguito in negozio.
Di Louise apprezzo il fatto di considerare l’arte come un modello di sopravvivenza, e di viverla non dissociata dalla propria biografia.
Creare forme con i materiali e i segreti della sua storia familiare aiuta una Louise estremamente sensibile e fragile a superare traumi non del tutto rimossi. Fare arte le fa esorcizzare il dolore e la guida a rialzarsi più forte e combattiva che mai.
Lo stesso approccio al processo artistico ce l’ha Sophie Calle che viene definita una Louise Bourgeois contemporanea.
Nel percorso di queste due artiste francesi si vede più che mai quanto l’arte e la vita si nutrano a vicenda per amalgamarsi, fino a confondersi.
Sophie e Louise per certi versi sono due fari a cui sempre faccio riferimento.
Riporto qua sotto la vita di Louise trovata girovagando su internet, a mio avviso molto bella e significativa.
Buona lettura!
Da il blog “Album di Adele”
http://www.albumdiadele.it/cammino/Louise_Bourgeois.htm
“Per me creare è un modo per sopravvivere. La violenza non si dimentica, bisogna ricrearla per sbarazzarsene.” |
“L’artista è un lupo solitario. Ulula tutto solo. Il che però non è così terribile, perché lui ha il privilegio di essere in contatto con il proprio inconscio. Sa dare alle sue emozioni una forma, uno stile. Fare arte non è una terapia, è un atto di sopravvivenza. Una garanzia di salute mentale. (…)”. L.B.
Louise nasce a Parigi nel 1911. “Ho sempre sentito di dover fare un grande sforzo per farmi perdonare il fatto di essere femmina”. La sua famiglia ripara antichi arazzi: “io avevo il compito di riparare i piedini che si consumavano prima, poi dovevo anche tagliare i genitali dei cupido che gli acquirenti americani, puritani, non volevano vedere in salotto. Mia madre, che era una donna puritana, li tagliava e li metteva tutti insieme in un cesto: un cesto di piccoli peni. Io cucivo al loro posto dei fiori.” Louise non aveva ancora tre anni quando il padre si arruolò e, poco dopo, fu ferito. Per mesi fu trascinata dalla madre nei diversi ospedali in cerca del padre, ricoverato chissà dove. In questa ricerca assiste ogni giorno al dolore e alla sofferenza nelle corsie: quello stesso dolore lo ritroveremo, poi, nelle sue sculture. Con il padre prepotente ha un rapporto molto tormentato. “Mio padre provocava in me una continua perdita di autostima”. Louise in una conversazione fatta con la regista di un documentario sulla sua vita racconta un episodio della sua infanzia in cui suo padre intagliò la buccia di un mandarino e la staccò dal frutto, in modo da creare un pupazzetto con un pene eretto. Per poi rivolgersi ai commensali: “Mi dispiace che mia figlia non possa esibire una simile bellezza. Lei, è ovvio, lì non ha granché”. Dopo il racconto Louise siede immobile e a stento trattiene le lacrime: “A distanza di tanti anni, l’episodio è ancora così vivo nei miei ricordi. Come fosse successo ieri. Cosa possono fare i bambini, la notte, se non piangere, piangere? Anche se è inutile: i genitori arrivano con uno specchio e dicono ‘guarda come sei brutta quando piangi”. Da piccola, il padre la portava con sé al bordello lasciandola fuori ad aspettare, aveva molte amanti ed una, l’insegnante di inglese dei figli viveva in famiglia. “A farmi lavorare è la rabbia – dice – e la memoria mi aiuta a capire perchè mi sento come mi sento e faccio quello che faccio. Bisogna essere accurati nei ricordi. L’obiettivo è rintracciare la fonte della propria ansia. In questo consiste la psicoanalisi e a questo mi serve la scultura.” Con la madre ha un rapporto molto intenso . “Mia madre sedeva al sole per ore ad aggiustare arazzi. Le piaceva davvero. Questo senso di riparazione è profondamente radicato dentro di me. Lei era la mia migliore amica. Come un ragno, mia madre era una tessitrice. Come i ragni, mia madre era molto brava. Lei era intelligente, paziente, opportuna, utile e ragionevole. Era indispensabile come un ragno.”
Nel 1938 sposa lo storico d’arte Robert Goldwater e con lui si trasferisce a New York, dove vive, ed è in America che comincia la sua carriera artistica vera e propria, debuttando con la prima mostra nel ’49. Nel ’73 muore il marito. Louise trasforma il suo salotto in studio e apre la sua casa a giovani creativi anche più giovani di lei, è un periodo ricco di scambi e di nuove possibilità. Quella di Louise è un’ arte autobiografica: “Il mio lavoro è l’opera di ricostruzione di me stessa e trova origine nella mia infanzia… la memoria e i cinque sensi sono strumenti di cui mi servo. Il mio lavoro riguarda la fragilità del vivere e la difficoltà di amare ed essere amati… Utilizzo un linguaggio simbolico per esprimermi. Bisogna impregnare la materia di sentimenti. Il mio bisogno di utilizzare materiali soffici e stoffe, di far ricorso al cucito e alla bendatura dice la paura della separazione e dell’abbandono. Le emozioni sono proiettate all’esterno, in una forma e in uno spazio. L’inconscio è portato alla coscienza attraverso l’arte”.
“Una volta terminata la scultura sento che ho eliminato l’ansia che provavo. Gli artisti progrediscono così: non è che migliorino, è solo che ogni volta sono capaci di resistere meglio ai loro propri assalti. L’ unica vera arte che ho praticato tutta la vita è stata l’arte di combattere la depressione, la dipendenza emotiva… quello che mi interessa è la conquista della paura. Nascondersi, confrontarsi, esorcizzare, vergognarsi, tremare e alla fine avere paura della paura stessa. Questo è il mio tema. Questo credo è il tema.” (…)Mi è venuta voglia di approfondire la conoscenza di questa artista davvero particolare ed unica che per necessità vitale, attraverso le sue opere, ha fatto un cammino a ritroso nei paesaggi dell’infanzia, aprendo le porte delle stanze in cui sono chiusi i ricordi più dolorosi.
Stay tuned! :-)!!!!
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