In un post precedente è comparsa la parola SPETTACOLO.
Da un certo punto di vista può c’entrare con lo spettacolo che conoscete tutti!
Quando si dice “personaggi dello spettacolo”, si allude a tutte quelle persone che lavorano in televisione e compaiono sullo schermo sotto forma di immagini.
Ma Guy Debord, nel suo saggio La società dello spettacolo scritto nel 1967 quando ancora la televisione non era entrata con prepotenza in tutte le case, ci dà una definizione precisa di cosa sia e non lo associa solamente ai mezzi di comunicazione di massa. Secondo lo studioso, questi ultimi sono solo una delle più appariscenti espressioni della nostra società, ma non la più pericolosa né l’essenziale.
“Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini.”
Che cosa significa questa sua frase?
Significa che ogni cosa è diventata subordinata all’immagine.
Il mondo, la nostra conoscenza di esso, il nostro vivere e il nostro rapporto con le altre persone è immagine.
Lo spettacolo è quindi il nome col quale Debord nomina la società dove le immagini hanno il potere supremo di qualificare il reale: il mondo sensibile è stato rimpiazzato da una selezione di immagini che esiste al di sopra di esso, e che nello stesso tempo si è fatta riconoscere come il sensibile per eccellenza.
La nostra società è così diventata la più astratta di qualsiasi altra del passato.
Mentre il tempo di una volta era vissuto realmente, il tempo spettacolare è il tempo della realtà che si trasforma, vissuto illusoriamente. Mentre l’uomo di una volta viveva la sua realtà fisicamente senza mediazioni, oggi l’uomo vive in un mondo di immagini illusorio che ha sostituito la realtà.
“L’alienazione dell’uomo che è immerso nello spettacolo si esprime così: più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio. L’esteriorità dello spettacolo in rapporto all’uomo si manifesta in ciò, che i suoi gesti non sono più suoi, ma di un altro che glieli rappresenta.”
Francesca Alfano Miglietti, nota curatrice, scrittrice e professoressa di Brera, ci fa capire quale sia la posizione dell’arte contemporanea in relazione allo spettacolo:
“Sono molto incuriosita da una delle condizioni che, a mio parere ha solo l’arte, e che si trova nel gioco del contemporaneo in maniera antagonistica rispetto a quella della spettacolarizzazione: lo spettacolo fa vedere ostentatamente, l’arte nasconde, e, nascondendo, l’arte rivela quello che è stato nascosto dallo spettacolo. Se lo spettacolo crea potere attraverso l’immagine, l’arte inizia a scegliere l’invisibilità. Amo l’arte in cui c’è una romantica e pensierosa intimità. Il lavoro manuale ha bisogno di tempo, è paziente, riflessivo. È in contrasto con l’attuale modo di percepire. L’arte…sospende, si sospende. Crea un’atmosfera di silenzio. È un’impalpabile struttura vulnerabile. È come se ti fosse concesso di entrare in una stanza dove sta dormendo qualcuno che non si deve svegliare; il fiato si fa corto, il battito aumenta. C’è consapevolezza. E perdita di coscienza.”
Quindi arte contemporanea e spettacolo non vanno d’accordo.
Se una segue una via, l’altra va altrove…
Se una mostra, l’altra si fa invisibile…
Se una vive nell’istante illusorio, l’altra cerca un tempo sospeso, quello della lenta riflessione.
Attraverso questo modo di porsi, l’arte rivela ciò che lo spettacolo nasconde.
“L’artista saluta tutti, fa l’inchino e decide di star fuori dallo show…”
cit. anonimo
Stay tuned!
🙂
Immagine: The Truman Show, 1998, regia di Peter Weir